Death SS - Black Mass [Full-Lenght 1989]

03.02.2015 17:33

Il difetto più grande di noi italiani è stato (e lo è ancora) sempre quello di diffidare dei gruppi “nostrani”. I Death SS non facevano eccezione a questa regola, e certamente loro non facevano niente per rendersi simpatici. Ricordo (e qualcuno ancora oggi) i gesti scaramantici al solo nominarli in una qualsiasi discussione. Si può certamente affermare che con successo hanno raggiunto il loro scopo. Spaventare!  Forse esagero, ma pensate un pò cosa poteva rappresentare in Italia agli occhi della gente, un gruppo che saliva sul palco vestito come i personaggi freaks dei film della Hammer o dell’Amicus (famose case cinematografiche degli anni 60 specializzate in film horror). Grandiosi! I Death SS nascono ufficialmente nel 1977  non solo grazie a Steve Sylvester, ma principalmente per merito di quel Paul Chain che con il suo Violet Theater e non solo, scriverà pagine importantissime nella storia della musica occulta in Italia e , soprattutto, all’estero. Dopo varie vicissitudini a livello di line up, nel 1988 sfornano il primo disco “In Death of Steve Sylvester”, oscura perla di dark rock. Soltanto un anno più tardi il loro esordio, affilano le armi e rispetto al primo album rendono il tutto più oscuro e metallico. Il disco parte deciso con una delicata intro acustica che sfocia nella versione migliorata e incattività della vecchia “Kings of evil”, e già si può parlare di un must. Il brano ha un andamento cadenzato e metallico, ma il cantato quasi scream di Steve  fa la vera differenza nel dare quell’alone sinistro alle strofe e al chorus. Nel finale del pezzo il gruppo invita l’ascoltatore ad entrare nel loro mondo, e l’invocazione “Come with us we are the Kings of evil/Come with us in the satanic service” a tale scopo è molto esplicita. La successiva “Horrible eyes” è la trasposizione in musica di un viaggio nella “Funhouse” del gruppo Pesarese. Il disco poi si sviluppa attraverso brani più lenti, come la catalizzante nenia di “Welcome to my hell”, che a tratti può ricordare il migliore King Diamond, la bellissima e mesmerizzante “In the darkness”, e la quasi blackish “ Devil’s rage”. La bellezza di queste composizioni sta tutta nell’aver saputo dosare in parti uguali musica orrorifica e un cantato acido e allo stesso tempo melodico, nella sua accezione più varia. La chiusura è affidata ad una vera “Black mass” che con i suoi rintocchi, i sospiri e le voci che si intrecciano in un rituale orgiastico, sancisce definitivamente la fine di questo gioiello nero.

Machen