Moloch - Die Isolation [2015]

09.03.2016 11:22


A giudicare dalla sua storia, il black metal sembra essere il metal più disponibile alla sperimentazione di ogni altro. Anche senza tirare in ballo le bizzarre esperienze dei Velvet Cacoon, o le più spinte sperimentazioni avantgarde degli Arcturus, si perde il conto dei gruppi che hanno declinato il black metal nei modi più particolari, pur non allontanandosi dalla  Stimmung fondamentale del genere. Con questo mi riferisco per esempio alle paranoie sonore dei Deathspell Omega, o alle melodie cosmico-arcane degli ultimi Inquisition: progetti che, nella loro particolarità, sono animati da uno spirito non diverso da quello che anima il più tradizionale black metal dei Behexen o dei Setherial.

In questo senso, non si trova nulla di simile in Die Isolation del longevo (attivo dal 2002) e prolificissimo progetto Moloch. Il timbro stesso del synth che si sente già dal primo secondo del disco è un’esplicita dichiarazione di intenti: ci troveremo di fronte a un black metal atmosferico del tipo più classico, di quello che rievoca il gelo di Vinterriket e l’oscurità di Burzum – quest’ultimo ancora più presente nel gusto dei riff di chitarra e nello scream straziato di Sergiy Fjordsson, la mente dietro questo progetto.

Ho parlato di gelo e oscurità. I due umori fondamentali di questo lavoro sono ben amalgamati, con il dominare del freddo alla presenza delle tastiere nel breve intro e nella conclusiva avventura ambient di ventidue minuti Abgrund meines Wesenz. Il freddo che si avverte nel regolare procedere dell’ascolto è, a ben vedere, quello lancinante del depressive black metal di Abyssic Hate, riferimento che chiude il cerchio di rimandi di questa opera. Il gusto della composizione è squisitamente minimale, poche sono le variazioni: si fa affidamento sulla capacità di infondere negatività attraverso la ripetizione, ossessiva ma non troppo, di due o tre riff per pezzo, il tutto condito da urla doloranti che ricordano anche, a tratti, i pianti e lamenti di Kim Carlsson del celebre progetto Hypothermia. È molto degno di nota come in Die Isolation le tendenze depressive siano sempre equilibrate e mai portate al parossismo: da questo, risultano cinquanta minuti di black metal che si rivela infine fedele a uno dei primi riferimenti che ho citato, cioè Burzum, senza l’influenza del quale sarebbe impossibile pensare questa fatica di Moloch; e questo comunque a vantaggio di Fjordsson, che ha composto tutte queste reminiscenze diverse in un prodotto tradizionale, che nella sua classicità e pianezza non annoia mai.

La musica di Die Isolation resta quella che è: un black metal per chi non vuole sorprese e desideri semplicemente del buon black metal. Ma è proprio questo il suo punto di forza, poiché questo intento è stato messo in atto in maniera non pedante – rischio ancora più presente quando si compongono pezzi di sola tastiera di più di venti minuti come il pezzo finale -, e in maniera non pedissequa – cosa di cui è conscio ogni appassionato di black metal, quando si trova di fronte all’ennesimo doppione dei Darkthrone o Burzum, dai quali così tanti progetti black metal si sono fatti limitare, piuttosto che ispirare.

Stirner